Perchè si diventa dipendenti? Discussione con una consumatrice di droghe leggere | Cervelliamo
Una delle teorie che accomuna la maggioranza di filosofi, psicologi, sociologi e compagnia bella, è la seguente: l’uomo cerca la felicità.L’uomo, quindi, vuole fare e vuole avere per essere, per realizzarsi.Ebbene, la dipendenza da qualcosa è una delle possibili risposte a questa domanda: “cosa mi rende felice?”Infatti, i dipendenti rispondono con la ricerca assidua di un qualcosa, che può essere sia una sostanza (e ci si riferisce alle droghe e all’alcol, così come al cibo), sia un comportamento (e qui entrano in gioco le nuove forme di dipendenza).La ricerca della felicità, allora, in se e per se, non è l’origine della dipendenza. Perchè, come detto prima, qualsiasi individuo, vuole essere felice e, in fondo, siamo nati per questo. In altre parole, è normale cercare la felicitàIl problema da porsi è quindi un’altro.Perchè, alcune persone, trovano la risposta alle loro domande in questo qualcosa?Perchè si sceglie un’altra strada, una via tortuosa che alla fine, ti rende più infelice di prima?Sono per caso dei deboli?Dei falliti?Dei frustrati?È lì, nell’origine di questa scelta, che bisogna indagare.Il problema, forse, è che non si è capita una cosa fondamentale: la felicità non dipende da un qualcosa o da un qualcuno.È come se uno pensasse che, avendo a sua completa disposizione una montagna di soldi, diverrebbe felice.Ma, l’esperienza comune insegna che non ci sia sogno più brutto di quello che si realizzi: di rimando, tornando all’esempio di poco fa, i soldi non saranno mai abbastanza numerosi da far si che si possa dormire beatamente!E gli esempi similari sarebbero innumerevoli.Un ragazzo immagina che diventando palestrato e scolpito fino all’osso, raggiunga la felicità.Ma la realtà è che non si diventerà mai palestrati abbastanza per sentirsi soddisfatti e appagati.Stesso discorso da fare se si inizia a fantasticare che la felicità dipenda dal proprio partner. Inutile dire che, quest’ultimo, non sarà mai bello abbastanza.Ecco, la felicità, non è un concetto che può dipendere da un qualcosa, da un qualcuno, da un’abitudine.E, partendo da questa errata considerazione iniziale, si cercherà invece qualcosa in cui trovare il “paradiso terrestre”. È qui che nascono i problemi, è qui che si innesta il discorso delle dipendenze.Perchè è nella dipendenza, qualunque essa sia, che l’individuo presume di aver trovato la panacea di tutti i mali.Ma, ad essere precisi, pur che trovare “la cura”, trova un mezzo per costruirsi il suo mondo ideale, quello in cui vorrebbe vivere, quello in cui si sente a proprio agio.Il danno è che, quel mondo ideale, non è la realtà.E, per ovvi motivi, non si può vivere 24 ore al giorno nel mondo ideale.Così, questo continuo contrasto tra mondo ideale e mondo reale, questa continua frizione, porta ad ingigantire la frattura tra quello che si è e quello che si vorrebbe essere.Giunti fin qui, ci si ritrova nell’ultimo bivio: o si sana questa frattura, o si sceglie di vivere nel mondo ideale; ed è con la seconda scelta che iniziano i guai.È come se ci si immedesimasse in quella descrizione che Primo Levi fa nel suo libro autobiografico “Se questo è un uomo”: ossia, non si viene capiti, non si viene compresi, non si viene riconosciuti.La frattura si ingigantisce sempre di più, con tutto quello che ne consegue: paradossalmente, la dipendenza, quella che all’inizio aveva permesso di toccare il cielo con un dito, non ha fatto altro che peggiorare l’esistenza della persona, la quale vede la vita reale come un corpo estraneo, qualcosa nel quale non riesce ad agire, non riesce ad essere.Così, se la predetta persona prima si trovava male nel mondo, adesso neanche lo abita più.Il suo mondo è quello che nasce dal rapporto con l’oggetto.E ci vuole una forte presa di coscienza, causata magari dagli effetti che la dipendenza porta, per rendersi conto della situazione.Comunque, si potrebbe discutere ore e ore su quest’argomento, ma ho preferito far parlare una ragazza dedita all’uso di droghe leggere, che per ovvi motivi rimane anonima; ecco cosa mi ha detto:Secondo te cos'è la dipendenza?La possibilità di evadere da una realtà che non ti piace, facendolo con diversi mezzi.Quindi, secondo te, si utilizza la droga (o qualsiasi altro comportamento) per trovare la felicità?La dipendenza, che consiste in un comportamento reiterato, o per lo meno in qualcosa che fai con una certa cadenza, è l'utilizzo di un mezzo X che ti consente di trovare un "equilibrio" in un mondo assolutamente tuo, finto. Cioè, non cerchi la felicità in una macchinetta di poker, ma sai che può darti un’ora di testa libera dai problemi (questo per lo meno pensa chi lo fa).Allora la dipendenza da qualcosa non è la ricerca della felicità, ma solamente il trovare un po’ di calma?Si, il suo scopo è quello di farti stare bene.Tu mi fai capire che, in un certo senso, chi è dipendente sa di esserlo, e non cerca nella dipendenza il paradiso ma solamente una fuga dal male che lo circonda nella vita di tutti i giorni.Chi è dipendente non è felice; questo lo sa senza dubbio. Ergo, se si tratta di una persona con un minimo di cervello, si rende conto della propria evasione.E, quando si accorge che il comportamento che mette in atto è solamente un tentativo di fuga, il dipendente come agisce?Probabilmente alimenta la sua dipendenza, la accentua, insomma diventa più dipendente. Se ti rendi conto di essere diventato "schiavo" di qualcosa per stare un po’ meglio, credo che automaticamente ti renda conto di essere debole.Ora, le cose sono due, se la tua è stata una semplice devianza o un momento particolare potresti anche essere in grado di riprendere la situazione in mano, ma se sei davvero tanto debole, da solo non ce la fai e ti rifugi più di prima.Fammi capire: la persona dipendente è conscia della sua dipendenza ma, se è debole, non riesce a tornare nella normalità e, anzi, si rifugia sempre più in quel mondo ideale che è il rapporto tra lui (P), e l'oggetto che genera dipendenza (O), anche se sa che questa non è la via giusta?Credo che almeno inizialmente sia cosciente che non si tratti della strada migliore... ma a volte, alla lunga, se soltanto quella cosa ti fa stare bene o meglio, ti convinci che non è un male poiché COMUNQUE stai meglioMa, il dipendente non prova angoscia del suo stato, non si fa schifo da solo?Vedi, credo che non si possa generalizzare più di tanto perchè davvero poi dipende da testa a testa. Comunque, non credo si faccia schifo... al massimo pena, ed è tristissimo.E perchè si sceglie l'Oggetto, che provoca dipendenza, e non qualche altre via d'uscita da quello stato di malessere che ti spinge a fare la scelta?Non scegli l'oggetto,è lui che ti sceglie.Alt, l'oggetto non è così potente, cioè, non è un rapporto unilaterale.Oooo siiii, parti dal presupposto che per diventare dipendente di qualcosa devi necessariamente stare non benissimo o essere debole.....Questo si, ma non è l'oggetto che ti sceglie...Quando provi, provi quello che ti pare per caso, e se vedi che ti piace è finita.Ma sei tu che compi il primo passo...No ....è una questione di "incontro"; con chiunque tu possa parlare, per esempio di chi fuma spinelli, oserei dire che sono certa che ti dirà che nessuno ha iniziato andando direttamente dallo spaccino o pensando "talè ora comincio a fumare".Dunque uno procede per tentativi ? è questo quello che vuoi dire?Non tentativi, uno procede per la sua vita fin quando tra i vari oggetti del desiderio non incontra quello che lo attrae maggiormente. INCONTRA non SU VA CIERCA!!!Lascio trarre al lettore le proprie conclusioni...
Tratto da Cervelliamo,
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